<div align="center"><h3><em>Per ascoltare la conferenza in Streaming audio, <a href="http://fondazionersi-roma.blogspot.com/2009/05/uomini-sopra-le-rovine-conferenza.html">clicca qui</a></em></h3></div> <h3><img src="http://4.bp.blogspot.com/_bZp3ibkw3Mc/SgIe-UfCDaI/AAAAAAAAADM/E0gYzYSVU9E/s320/armamentarium.jpg" alt=" " hspace="10" width="199" height="164" align="left" /></h3><p align="justify"> La tre giorni all’Istituto è stata un “Campo d’istruzione”, ovvero di <strong>formazione</strong>, ed è stata propria in quest’ottica che <strong>Maurizio Rossi </strong>– terzo ed ultimo relatore – ha inteso la sua relazione. Una relazione, appunto, e non una “conferenza”, come ha tenuto a ribadire: non è ad accademici, né ad intellettuali, che ha parlato, bensì a <strong>militanti,</strong> ovvero a uomini e donne che cercano quotidianamente di tradurre le parole in fatti. Fatti e non parole: cioè <strong>esempi</strong>. Esempi come quelli dei combattenti della Repubblica Sociale che abbiamo avuto il piacere e l’onore di incontrare, e rammentare, più volte in questi giorni. Combattenti dell’onore che qui, all’Istituto Storico della R.S.I., si riuniscono anche per tramandare ai giovani la loro esperienza di uomini di <em>militia</em>, creando così quel legame alla base della “continuità ideale” che Maurizio Rossi ha ben sottolineato. Proprio partendo dall’idea d’un legame – d’un sottile filo rosso che ha legato le esperienze dei “fascismi” – Maurizio ci ha parlato della figura del combattente, dell’<em>uomo tra le rovine</em>, arrivando fino ad oggi. Un filo conduttore, quindi, che permette di inquadrare queste esperienze su di un piano non soltanto “politico”, ma universale e cosmico.</p><div align="justify"> </div>
<p style="text-align: justify" align="justify">I fascismi, infatti, ove poterono esprimersi in una forma organizzata e stabile, si dedicarono alla <strong>selezione</strong> ed alla <strong>formazione</strong> dell’ “<em>uomo nuovo</em>”, ovvero del <em>soldato politico</em>: cioè di colui il quale riesce ad esportare l’esperienza della lotta (il soldato) al dominio della politica (il militante politico). Dopo la Grande Guerra, infatti, gli ex-combattenti tornarono dal fronte trasfigurati nell’animo da un’esperienza brutale ma, al tempo stesso formatrice e vivificatrice di forze. Questi uomini, appreso il senso più vero del <strong>cameratismo</strong> nelle trincee, tornarono alla vita non concependola più come prima, bensì come <strong>lotta</strong>. Lotta tra le rovine per la costruzione di un qualcosa di nuovo e più vero.<br /> Nasce così l’idea stessa che animerà i fascismi: la costruzione dell’uomo che a quest’ordine ideale dovrà corrispondere. L’obbiettivo diviene opporsi alla società riscoprendo la <strong>comunità</strong>, distruggere l’individuo per riappropriarsi dell’<strong>essere</strong>. </p><div align="justify"> </div><p style="text-align: justify" align="justify">E’ una vera e propria <strong>pedagogia rivoluzionaria</strong>, tesa alla preparazione dell’uomo nobile di domani nel decadente mondo di oggi. Una palestra di vita dedicata allo sviluppo di una <strong>weltanschauung</strong>, intesa come una visione del mondo centrata sul primato dello spirito sulla materia. «<em>Una scuola militare dell’anima</em>» per usare le stesse parole di Nietzsche che Maurizio ha citato, e non a caso la I Guerra Mondiale fu – nella sua crudezza – il miglior banco di selezione della nuova aristocrazia politica del Novecento.</p><div align="justify"> </div><p style="text-align: justify" align="justify">Tutto questo è ben evidente nel caso del fascismo italiano. In esso, aggiunge Maurizio, la <strong>Scuola di Mistica Fascista</strong> e la <strong>R.S.I. </strong>costituiscono le eredità più significative d’un fenomeno che, nella sua stessa essenza originaria, fece dell’intransigenza (anzitutto verso se stessi), della dedizione al sacrificio e della sobrietà, le armi per attuare una vera e propria <strong>rivoluzione dello spirito</strong>. Queste esperienze c’hanno perciò insegnato come il combattimento e l’idea stessa di “rivoluzione”, non debbano mai cristallizzarsi ma, essere continuamente vivificate nell’azione quotidiana, dunque mettendosi costantemente in discussione, con umiltà.</p><div align="justify"> </div><p style="text-align: justify" align="justify">A chiudere l’intervento di Maurizio è stata la riflessione e l’augurio di un combattente dell’onore qual è <strong>Stelvio Dal Piaz</strong>. Emozionandoci, come solo un uomo che ha saputo eroicamente vivificare ciò di cui parla, ci ha ricordato come l’R.S.I. – ed in generale una scelta militante anche ad essa ispirata – non possa che tradursi, nella sua intima essenza, in uno <strong>stato d’animo</strong>. Non mitizzare i reduci, né ergerli ad intoccabili maestri di “verità assolute”: accettarli, invece, come qualcuno di noi, perché come noi, impegnati ancora oggi a vivificare quei valori assoluti per i quali in tanti hanno donato tutto, anche la vita. Maturato questo “stato d’animo”, tutto il resto viene dopo, naturalmente. Per questo, conclude il camerata Stelvio, occorre imparare a lottare dai combattenti ma, soprattutto <span style="text-decoration: underline">con</span> i combattenti della R.S.I.</p><div align="justify"> </div><p style="text-align: justify" align="justify">A conclusione della relazione di Maurizio, i ragazzi di Raido ci hanno letto un significativo passo tratto da <strong><em>Militia</em></strong> di <strong>Leon Degrelle</strong>, che qui riportiamo integralmente per trasmettere anche ai non presenti il senso di quanto detto e fatto in questi giorni con la parola e con l’azione di tutti…</p><div align="justify"> </div><p style="text-align: justify" align="justify">«<em>Sovente è nel fare, con la massima nobiltà, mille piccole cose spossanti che si è grandi.<br /> Tendere mille volte la propria anima, ogni giorno, a servizi di poco conto, riesce infinitamente più difficile che darle un brillante impulso per un avvenimento di notevole spicco.<br /> Il merito è esiguo, in tal caso.<br /> Soltanto la vastità dell’occasione passeggera dà all’anima la forza di agire, il desiderio di sorprendere, permettendoci inoltre di nutrire la più alta opinione di noi stessi.<br /> Si può riuscire a meraviglia in una grande cosa, e rimanere lontani dalla vera grandezza.<br /> La grandezza è la nobiltà dell’anima che si adopera, ed effonde per ciascuno dei nostri doveri, soprattutto quando essi appaiono privi di tutto quel che potrebbe nutrire la nostra vanità quotidiana.<br /> Per la donna come per l’uomo.<br /> Per una donna, la grandezza sta sovente nel dedicarsi, istante dopo istante, a doveri silenziosi anche se banali.<br /> Eppure, chi l’ammirerà?<br /> Chi conoscerà le mille battaglie combattute, nel fondo del suo cuore, contro la pigrizia, l’orgoglio, il canto delle passioni, la mollezza che richiama l’anima e il corpo verso le calde sabbie della vita facile?<br /> Colei che nonostante tutto questa va avanti, resiste, progredisce, è grande perché il dono di se stessa è stato totale – senza bisogno del richiamo di illusioni!<br /> Tante persone soddisfatte si lamentano sempre, trovano tutto sgradevole: non sanno mai rallegrarsi sinceramente di nulla!<br /> Tutto sembra loro noioso perché non si donano mai, perché accolgono ogni istante – in cui occorrerebbe offrire una parte di se stessi – con l’intenzione ben ferma di dare solo l’indispensabile, e anche questo a malincuore.<br /> Tutto è questione di donare.<br /> Gli uomini felici sono coloro che si donano.<br /> Gli insoddisfatti, coloro che soffocano l’esistenza in un perpetuo tirarsi indietro, chiedendosi continuamente che cosa stanno per perdere.<br /> Virtù, grandezza, felicità, tutto ruota attorno a questo: donarsi!<br /> Donarsi completamente, sempre. Fare ciò che si deve: generosamente, con il massimo impegno, anche se l’oggetto del dovere è senza grandezza apparente.<br /> Dovunque si sia, in alto o in basso, uomo o donna, il problema rimane sempre il medesimo: è il donare che rende le anime chiare o torbide</em>»</p>