Il conflitto iniziato lo scorso 24 febbraio in Ucraina non è che la conseguenza e la prosecuzione di una guerra in atto almeno sin dal 2014, che si colloca all’interno di un conflitto globale tra superpotenze.
E’ necessario ampliare la prospettiva rispetto alle forze in campo: solo così, infatti, si può discernere, oltre l’aggressore apparente, chi sia l’aggressore strategico, che combatte già da anni, per mezzo di sanzioni economiche e ‘rivoluzioni colorate’, la sua sporca guerra al fine di evitare che il pesce europeo, troppo vicino alla Russia, salti fuori dalla rete di interdipendenza atlantica, determinando la fine dell’egemonia statunitense su una Europa subalterna.
In questa dinamica, l’Ucraina non è che un campo di battaglia; l’esercito ucraino, al di là dell’eroismo di singoli – a cui va il rispetto che tradizionalmente si riserva al combattente valoroso, ancorché nemico – non è, in fondo, che una pedina che gli Stati Uniti usano a proprio piacimento, sin dal 2014, per mantenere in vita un ordine mondiale unipolare destinato al tramonto.