Intervento a cura del Coordinamento Militante “Il Cerchio”, 10/06/2017
In una calda serata di fine estate del 2013, attorno ad un robusto tavolo di legno, in quel di Cerveteri, tre comunità “romane” decidevano di cominciare a collaborare. Ci conoscevamo tutti, chi più chi meno, già in passato c’erano state occasioni per sostenere iniziative insieme, come ad esempio al quindicennale di Raido, nel 2010, preludio di quella che sarebbe stata, per alcuni anni a seguire, l’esperienza di Comunitaria.
Veniva sancito quello che, scherzosamente, sarà definito il “patto del prosciutto”, un modo per evidenziare da un lato un’alleanza militante e dall’altro il lato leggero, goliardico, gioioso che deve sempre accompagnare la militanza stessa, anche nei momenti più duri e faticosi.
Tra noi, realtà con storie e trascorsi diversi alle spalle ma anche con un presente fatto di precise identità e strategie da portare avanti, emergeva l’esigenza di lanciare, in un particolare momento storico, un preciso segnale: rispetto ad un ambiente spesso settario e litigioso, dove molte valide iniziative negli anni sono naufragate per interessi di parte e logiche individualistiche, provare a collaborare, incontrarsi e confrontarsi, a realizzare iniziative, lavorare insieme, al fine di riconoscere effettivamente, e non a chiacchiere, un terreno comune sul quale poter edificare. Sin da subito era chiaro che il progetto fosse ambizioso ma, forse, proprio per questo, decisamente affascinante.
Quante volte abbiamo sentito e vissuto storie del tipo “riunifichiamo l’ambiente”, oppure “siamo tutti camerati”, senza poi capire e vedere effettivamente concretizzarsi propositi nobili e sicuramente animati da cuori puri? La nostra esigenza, subito chiarita in quella sera di fine agosto, era di non perdere a tempo appresso a slogan altisonanti, né ad un’immagine social tanto accattivante quanto vacua per attrarre interessi ed adesioni, dietro a logiche da pan-cameratismo esasperato, per cui il “volemose bene” è la misura per determinare l’appartenenza ad una visione del mondo.
La nostra esigenza, concreta e realista allo stesso tempo, era ed è rimasta quella del fare: militanza, confronto, cameratismo, formazione, lavorare in funzione di una unità di intenti che, giorno dopo giorno, con realismo ed umiltà, si costruisce mediante l’azione orientata dai principi della Tradizione: onore, lealtà, fedeltà, giustizia, sacrificio. Con l’ostinazione e la convinzione che questi principi possano davvero incarnarsi nell’azione militante quotidiana e che non siano ‘gusci vuoti’.
A distanza di quattro anni eccoci qui, a presentare il simbolo ed il nome di quella che inizialmente era solo un’idea, una bella idea, un proposito, un’aspettativa, un’esperienza da scoprire e misurare con le difficoltà tipiche delle collaborazioni: rispettive priorità, esigenze, nature, che, in funzione di un bene comune, di una sintesi che tutto ricomprende, devono essere sublimate, sovraordinate, messe al servizio se necessario, attraverso un sano e cameratesco confronto. Nel 2013 nasceva il Cerchio ed oggi, a distanza di quattro anni, è ufficialmente presentato.
Il Cerchio non è un nuovo movimento, il calderone che tutto e nulla ricomprende, ma nemmeno la sede dove ognuno dice o fa quello che vuole, sparla e coltiva invidie, gelosie, rancori. Il Cerchio non ha la pretesa né la presunzione di dare alcun brevetto di ortodossia o alcuna benedizione ma, allo stesso tempo, vuole chiarezza sin da subito: ogni realtà militante che vi partecipa, al di là della specificità del proprio lavoro e delle iniziative che anima singolarmente, si impegna a percorrere in forma comunitaria, dove le differenze sono un valore e non un limite, una strada che conduce ad una mèta comune: la trincea dello Spirito, un fronte di resistenza rivolto contro un mondo di rovine destinato a rovinare ogni giorno di più. Il Cerchio esiste perché esiste un vincolo feudale ed una promessa tra chi ne fa parte. Promessa verticale, verso un comune ordine di principi condiviso da chi vi aderisce.
Nessun gruppone, quindi, nessun cappellaio da dietro le quinte che occultamente manovra, dirige, finanzia, condiziona, ma realtà militanti, piccole o grandi che siano, che partono dal consapevole presupposto che insieme si fa e si può fare di più, purché, come ampiamente precisato, non si perda mai il senso del nostro agire: essere strumenti dell’Idea, uomini e donne che si mettono a disposizione per migliorare se stessi e, soprattutto, per lasciare qualcosa di buono, sano, giusto, vero, ai nostri figli, alle future generazioni che, mai come oggi, sono le principali vittime del mondo contemporaneo.
Il giorno in cui ci crogioleremo sull’aver fatto tanta strada, sarà il giorno in cui il Cerchio morirà, perché il Cerchio è e sarà sempre all’inizio di un lungo percorso da costruire e trovare, in cui il passo dovrà essere svelto e deciso.
Coordinamento militante Cerchio, quindi, nome inizialmente dato per praticità ma che poi, col passare del tempo, iniziativa dopo iniziativa, riunione dopo riunione, ha convinto tutti. Un cerchio che, con cadenza periodica e costante, si stringe attorno ad un tavolo, dove si lavora, si elabora, si discute, si mangia, si beve e si ride insieme. Un cerchio la cui pennellata, dal tratto nero, forte e deciso, ha qualche imperfezione, seppur nella sua inequivocabile geometria. Un cerchio che ha, al centro, un punto rosso, preciso, unico, d’impatto, che non lascia spazio a fraintendimenti, compromessi ed equivoci. Caratteristiche, queste, di un simbolo che ha sua una precisa ragion d’essere, come è giusto che sia, nel rispetto della triade dei colori della Tradizione per antonomasia: rosso, bianco, nero.
Perché la ciclica conduzione delle iniziative comuni, politiche, culturali, formative e sociali, il portare avanti azioni militanti che per natura comportano un intervento esterno e, quindi, una modificazione dell’esistente, non possono fare a meno di un punto, centrale, fisso, inamovibile, dal quale tutto ha origine e che tutto orienta. E’ l’Idea che ispira, è il Principio, sacrale, spirituale, tradizionale, da cui trae origine e si dipana, verso l’esterno, l’azione impersonale e disinteressata, l’azione militante.
Senza quel Punto, non è possibile costruire alcun cerchio. Senza il centro, infatti, c’è il caos, il disordine, la vana e febbrile agitazione che non avendo una precisa direzione non costruisce ma, anzi, contribuisce alla confusione ed alla distruzione. Un centro che, come stella polare nella notta scura, è fisso nel cielo e mai deve essere smarrito, dimenticato, ma costantemente trovato e vivificato. Solo così l’impersonalità delle molteplici iniziative svolte e di quelle che saranno fatte, non perde quella purezza fondamentale che, come insegna Codreanu, rende un atto militante un sacrificio, un sacrum facere e, nel contempo, grazie al ritmo ed alla continuità, la tenuta del tempo una forma di eroismo.
Siamo coscienti che tutto questo può rappresentare a molti un’eccessiva ambizione, ma ci piace rispondere, a chi dovesse nutrire perplessità o dubbi sulla riuscita di un tale progetto, che noi, per storia e vocazione, dobbiamo essere animati dalla tensione positiva di chi lancia il cuore oltre l’ostacolo, di chi supera i piccoli e meschini attaccamenti borghesi, di chi, per natura, fa quel che deve essere fatto, senza guardare a miserabili tornaconti personali.
Se così non fosse stato, in questi quattro anni avremmo fatto calcoli sulla riuscita delle diverse iniziative organizzate, quali conferenze, gruppi di studio, iniziative solidali e raccolta fondi in favore delle popolazioni terremotate dell’Abruzzo e delle Marche, raccolta farmaci per il popolo palestinese, nascita e coordinamento delle attività del raggruppamento ex combattenti della RSI, campagne di manifesti e striscioni, poi ancora feste, concerti ecc. ecc..
Potevamo fare calcoli ma non li abbiamo fatti, perché l’Idea, il centro, il punto rosso e, conseguentemente, l’azione, il cerchio, la pennellata nera, li abbiamo ben chiari nel loro significato sacrale e politico, spirituale e militante.
In alto i cuori!