GEO E IL SENSO PER LA NEVE
Il Monte Gorzano da Cesacastina
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(www.georientamenti.org) – Onde evitare di essere ripetitivi, ci limiteremo a dire che, anche stavolta, a gennaio non può fare tutto questo caldo.
Arriviamo a Cesacastina intorno alle ore 9.30 (la strada da fare, provenendo da Roma, non è poca…), piccola frazione della provincia di Teramo alle pendici dei Monti della Laga. La zona, un anno fa, è stata particolarmente colpita dalla sequenza sismica che tutti ricorderanno associata alla tragedia di Rigopiano e purtroppo, anche qui, una strana immagine di desolante abbandono balza subito agli occhi. La meraviglia naturalistica di una parte d’Abruzzo selvaggio e poco frequentato, in una giornata di splendido sole, fortunatamente riequilibra il nostro stato d’animo un po’ scosso. Al contrario, non è in perfetto equilibrio una delle auto nella quale viaggiamo che lungo la sterrata diretta a Le Piane, non percorribile con auto “normali”, si arena all’interno di un fosso richiedendo un extra lavorativo di circa mezz’ora. Morale: alle 10.30 (un po’ tardino), si parte con ciaspole e sci in spalla alla volta del Monte Gorzano, per circa 1300 metri di dislivello, lungo quella che, elegantemente parlando, è detta la Costa delle Troie.
Il nostro sentiero di salita all’inizio corrisponde ad una sterrata, quella sterrata di cui parlavamo poc’anzi, per poi prendere, una volta arrivati a Le Piane, splendido belvedere sul versante occidentale del Gran Sasso, alcune tracce che nel boschetto di faggi conducono alla famigerata Costa, lasciando a sinistra il sentiero che risale la valle delle Cento Fonti. La neve inizia dai 1700 metri circa, a testimonianza di quanto dicevamo all’inizio circa un inverno che ormai non è più inverno. Ma siccome bisogna saper prendere ciò che di buono offre un’esperienza in montagna, qualunque essa sia, eccoci a godere pienamente di un sole primaverile che lungo la faticosa salita, chi con le ciaspole e chi con gli sci, illumina l’anima e libera il cuore da tutte le pesantezze della vita, sciogliendo quei nodi che irrigidiscono nelle mille faccende (almeno la metà delle quali inutili) che ci portiamo appresso.
Lasciando stare le fantasie rousseauniane, stare in mezzo alla natura, tra le nostre amate montagne appeniniche, semplifica tutto e conferisce quel misto di leggerezza e contestuale ricarica che aiuta ad affrontare la vita e le sue tante miserie quotidiane. Ma questo non va detto con atteggiamento malinconico o autocommiserativo, perché se è vero che la “logica” del mondo e della società contemporanea ci fa decisamente schifo, ciò non vuol dire che non si debbano affrontare, il mondo e la società contemporanea, con la voglia, sempre e comunque, di uscirne vittoriosi e con un bagaglio di esperienza. Il saper stare nel mondo senza essere del mondo è il presupposto consapevole di un approccio alla vita con stile, qualitativo, virile, guerriero, di chi trova nelle mille variabili quotidiane occasioni per misurare il proprio grado di qualificazione e di crescita spirituale. di chi, nonostante tutto, ambisce sempre ad essere migliore non a chiacchiere ma nei fatti concreti.
La montagna, col suo potere trasfigurante, che associa alla bellezza dei luoghi anche la severità degli stessi, alla serenità d’animo la fatica ed il sudore, alla leggerezza del cuore la concentrazione e la determinazione, alla solitudine interiore lo spirito cameratesco del gruppo, è una scuola di vita ed ogni gita compiuta, con gli sci o le ciaspole, con la piccozza e i ramponi, con le corde e i moschettoni, o semplicemente con le proprie gambe, è un insegnamento da portare con sé. In fondo, è solo attraverso la formazione spirituale ed il contestuale cambiamento interiore che si potrà essere “uomini di montagna” anche in pianura e questo, per noi di GEO, resta sempre il principale obiettivo. Più delle cime, più delle difficoltà delle vie di arrampicata, più delle grandi ascese alpinistiche sui 4000.
Si sale e si suda, partono i primi cambi di maglia e le prime soste sono indispensabili per bere e mangiare qualcosa. La neve ora c’è e, tranne qualche piccola interruzione, è abbastanza continua: il cielo terso sopra di noi è di un azzurro pennellato. La vetta non si vede, mentre si vede benissimo, lo splendore del Gran Sasso: il Corvo, l’Intermesoli, il Corno Piccolo, fino al Prena ed al Camicia, e poi anche la valle del Chiarino, il vallone del Crivellaro, Prato Selva ed i Prati di Tivo, la bellezza e la grandiosità di questo angolo di appennino da una prospettiva che raramente si vede. Una leggera brezza si fa sentire durante le soste, a ricordarci che comunque è gennaio ed intorno ai 2000 metri freddino dovrà pur fare. Il gruppo è abbastanza compatto, c’è chi fatica un po’ di più degli altri ma la determinazione ed il carattere intervengono laddove il fisico, a volte, non assiste completamente. Eccola una delle grandi verità della montagna, espressione di quanto prima dicevamo sulla natura formativa della stessa: dinnanzi alle difficoltà, qualunque esse siano, ciò che emerge è la vera natura dell’essere umano, perché il superfluo, quando la situazione si fa complessa a seguito di problemi fisici o di altro tipo, non ha spazio. Le maschere cadono ed uno si mette a nudo con tutte le sue debolezze e le sue virtù, ma se le prime vanno accettate e prese in considerazione per quelle che sono, le seconde sono la spinta fondamentale per non mollare, anche quando il fisico sembra cedere. Il carattere esce fuori ed anche attraverso l’aiuto cameratesco di chi sta in gruppo, si superano i momenti critici fino al raggiungimento dell’obiettivo.
E l’obiettivo di oggi corrisponde all’anticima del Gorzano a circa 2.250 metri di quota, ovvero duecento metri prima della vetta: la valutazione che facciamo, infatti, tiene conto dell’orario e della via di ritorno ed essendo ormai sopraggiunte le 14, propendiamo per interrompere qui la nostra ascesa. Intorno è tutto bianco, a 360 gradi l’orizzonte spazia fino al mare Adriatico ed alle principali cime appeniniche e, come sempre in questi casi, la felicità pervade l’aria: un brindisi con del vino cotto, verace e sanguigno al punto giusto, è la giusta compensa per gli oltre 1.000 metri di salita, soprattutto per chi ha faticato più degli altri ed alla fine ce l’ha fatta.
È tempo di scendere e la neve un po’ ghiacciata, a tratti dura e crostosa, a tratti farina e colla, invita lo sciatore ad essere “poliedrico”, lungo una discesa comunque tranquilla e senza pericoli oggettivi. Ci fermiamo a mangiare prima del bosco e, tra una risata e l’altra, ci rilassiamo al sole del primo pomeriggio, in un’atmosfera che, come direbbe qualcuno, è bronzea e mite.
Altri duecento metri e siamo a Le Piane, per gli ultimi centocinquanta metri da percorrere a piedi lunga la sterrata. Ritroviamo persino il cane Lucio che, evidentemente attirato dai profumi e dagli odori di questo anticipo di primavera, dopo un’ora in nostra compagnia ha pensato bene di vagare per i monti della Laga in perfetta solitudine. Come sempre, un panino al salame lo rimedia….
L’ultima sosta al bar lungo la SS 80, in località Ortolano, ed è tempo di saluti. Si ritorna a casa, per quanto da casa non ci siamo mai allontanati.
Alla prossima salita di GEO!