Sabato 10 marzo, i locali della Comunità Militante Raido hanno ospitato la presentazione della nuova edizione di “Mistica della Rivoluzione Fascista”, raccolta antologica degli scritti di Niccolò Giani edita per i tipi di Cinabro Edizioni a distanza di 8 anni dalla sua prima apparizione sugli scaffali.
L’importanza di un testo del genere appare in netto contrasto con la sterminata pubblicistica sul fascismo: ogni anno infatti centinaia di libri sul regime vengono dati alla stampa, rinfocolando di continuo i pruriti intellettual-accademici, che poco hanno a che fare con un percorso militante e che poco si adattano con l’esperienza intransigente della Scuola di Mistica Fascista. Gli unici approcci ad un fenomeno così originale provengono da studiosi dichiaratamente antifascisti, i quali, sia per il loro retroterra culturale, sia per l’uso di un metodo scientifico a tratti “asettico”, hanno avuto la capacità di anestetizzare le virtù incarnate dai mistici, essendo essi stessi incapaci di comprendere il significato profondo della Mistica Fascista.
Proprio per eliminare la presenza di corpi intermedi negativamente influenti, le edizioni del Cinabro hanno deciso di dare parola direttamente alla Scuola di Mistica, ed in particolare al suo fondatore, Niccolò Giani, la cui biografia è stata trattata per sommi capi dal relatore.
Nato nel 1909, Niccolò Giani non poté vivere né l’epopea sansepolcrista, né la marcia su Roma; egli fa parte della prima generazione cresciuta nel Fascismo, quella che sentì per prima il bisogno di riconnettersi al complesso valoriale proprio dell’uomo fascista. Giani morì sul fronte balcanico a soli 32 anni, dopo essere stato giornalista dei più importanti organi di stampa del Regime (basti pensare a “Gerarchia”), fondatore e direttore di “Dottrina Fascista” (l’organo ufficiale della Scuola di Mistica Fascista), docente universitario ed infine più volte volontario di guerra.
Elemento quest’ultimo che lo lega ai suoi fratelli mistici, anch’essi più volte volontari e morti sul fronte, senza dare mai le spalle al nemico, manifestazione – questa – della speciale tempra che questo manipolo di uomini ha personificato sulle trincee di dentro e di fuori.
Gli elementi biografici esposti hanno dato la possibilità all’uditorio di rendersi conto della natura simbiotica tra la vita di Niccolò Giani e le motivazioni alla base della fondazione della Scuola di Mistica Fascista.
La Scuola infatti non nacque con un taglio intellettualistico; a Giani non interessava inserirsi nel novero delle istituzioni culturali del Regime. Essa invece nacque e crebbe per perpetuare i valori originari e fondanti del Fascismo, per essere una scuola di politica integrale, una “scuola militare dell’anima” avrebbe detto Nietzsche. Così facendo, lavorando su un piano interno, la scuola di Mistica divenne un pungolo per il regime; fu lo strumento con il quale l’Italia fascista doveva specchiarsi, il parametro di intransigenza a cui l’uomo fascista doveva ambire. Proprio l’inflessibilità dei mistici si scontrò con alcune delle rigidità pachidermiche del Regime, con le pulsioni borghesi e individualiste, con le adesioni utilitaristiche che imperversavano all’ombra del Littorio.
Non fu certo questo a fermare i mistici: l’esperienza della Scuola si concluse infatti al fronte, baionetta in mano e coltello fra i denti. Così la maggior parte di essi trovò la buona (e bella) morte.
La Scuola di Mistica fu dunque la prima linea della Rivoluzione, fu pensiero tramutato in azione, fu mito incarnato nella lotta, fu rivoluzione in marcia su ogni aspetto della vita dell’uomo. Ecco dunque che il libro “Mistica della Rivoluzione Fascista” si presenta come un vero e proprio manuale d’azione e di comportamento; esso si affianca ad altri testi come “Militia” e “Capo di Cuib”, stelle polari nella selva del mondo moderno.